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Un po' di storia

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Un po' di storia


Il principio di funzionamento della camera oscura era conosciuto fin dal XVI secolo. Per lungo tempo, però, non si riuscì a "fermare" permanentemente l'immagine che, ridotta e capovolta, veniva proiettata sulla parete opposta all'obiettivo.

 

Il problema sembrava irrisolvibile. finalmente furono scoperte delle sostanze chimiche che erano sensibili alla luce, per cui venivano diversamente "impressionate" dai raggi riflessi dal soggetto da fotografare.


La prima immagine permanente fu ottenuta nel 1826 dallo scienziato francese Nicephore Niepce, che adoperò una lastra di peltro ricoperta di bitume di Giudea. L'esposizione in camera oscura durò 8 ore, dopo di che la lastra fu trattata con un solvente che sciolse le parti che si erano indurite all'esposizione della luce, lasciando un'immagine in rilievo che riproduceva la scena originale.


La fotografia qui sotto è la prima che si conosca: rappresenta la vista del cortile del laboratorio di Niepce. Si possono distinguere una piccionaia sulla sinistra, un albero, un tratto di cielo e un tetto spiovente al centro, l'ala della casa dello scienziato sulla destra.

 

 

 

Nel 1837, un altro francese, Louis Daguerre, ideò un nuovo procedimento. La lastra da impressionare era di rame argentato e veniva sensibilizzata con vapori di iodio, dopo un sviluppo fisico che rendeva visibile l'immagine latente, il dagherrotipo (così veniva chiamata la lastra) poteva essere osservato per riflessione.

 

 

 

Nel 1835, uno scienziato inglese , William Henry Talbot, fece le prime fotografie usando una carta sensibilizzata con sali d'argento.


Da questo procedimento, detto calotipo, si otteneva un negativo che veniva stampato per contatto su un altro foglio sensibile, e si aveva l'immagine positiva.


Nel 1877 furono prodotte le prime lastre fotografiche a secco, formate da un cristallo ricoperto di una gelatina di nitrato d'argento e bromuro di potassio.


L'ultima grande scoperta del moderno procedimento fotografico, fu l'introduzione della pellicola flessibile di celluloide, resa popolare  dagli apparecchi costruiti dall'americano George Eastman.