Molti di noi si affidano a Dio, soltanto nei momenti difficili.
Si cerca un appoggio nel Divino quasi a volerGli scaricare il dolore che non si vuole. Lui può capirlo, Lui può viverlo, io no, non lo capisco, non so affrontarlo, non mi tocca.
“Aiutami Tu, Dio. Mi hanno insegnato che sei grande, mi hanno detto che tutto puoi, prendilo tu questo mio dolore, prenditelo. Io non so come si fa, non so da che parte iniziare”.
Così gli passiamo la palla, sicuri del risultato. Ma la risposta non può essere sempre quella che ci aspettiamo, sarebbe troppo facile.
La soluzione ottimale? Smettiamo di credere. Finiamo di aver Fede. Lui ci ha deluso, ci ha abbandonato.
“Chi sei Dio? Perché mi punisci? Perché sei sordo alle mie richieste, peggio ancora assente, distaccato? Dove sei, mio Dio?”.
Cattolico, Musulmano, Ebraico, fai tu. Ognuno ha il suo Credo. La Religione dovrebbe essere il Suo Verbo, qualcosa a cui aggrapparci, a cui credere. Qualcosa di sovraumano, ma un tutt’uno col
nostro quotidiano.
Dapprima ho iniziato a chiamarlo Presidente, colui che tutto può, l’Altissimo. Non tutti i presidenti ci amano però, non tutti sono dalla nostra parte, non a tutti interessa il destino dei propri
dipendenti.
Comincio ad analizzare ben bene la faccenda. “Questo” Presidente deve essere al di sopra di tutti noi, ci vuole tutti uguali, senza discriminazione. Si batte per noi, per la nostra vita terrena e
per la nostra purificazione, per la nostra anima.
Elargisce doni, poiché Egli sa che ci aiutano. Spesso non ne veniamo mai a sapere nulla. Siamo convinti di essere dei fortunati o dei capaci, invece è Lui che silenzioso e quatto quatto si
affaccia alla nostra vita.
Ci ama soprattutto per le nostre imperfezioni e per aiutarci muove la grande Squadra del Cielo. Qualcosa in più deve averla questa figura a cui il termine presidente non si addice.
Come chiameremmo la figura più autorevole della nostra vita? Colui che, con amore e dedizione, cura cresce e sostiene i suoi figli? Colui a cui sta a cuore la felicità di ogni suo figlio?
Padre.
Sei carne del Suo ventre, sei stilla del Mio Spirito.
Sulla sua spalla voglio versare lacrime, da Lui voglio correre per donargli le mie vittorie e accettare le mie sconfitte. A mio Padre voglio chiedere aiuto, tutto l’aiuto che mi occorre nella
vita, dai beni materiali a quelli Spirituali. Un Padre non si concede malattie né malumori, non fa vacanza, mai. Un padre va anche ascoltato però e infatti Papà Dio ha ragione. Mi ha tolto per
darmi, per insegnarmi la grandiosità della vita, del mio amore per te.
Agli occhi di molti mi ha levato, a quelli di pochi mi restituirà con gli interessi. Per insegnarmi chi sono, il senso della mia attuale vita e ciò che potrò divenire, si pone nei panni di colui
che non vuole udire il mio urlo di dolore, la mia richiesta di non perderti, la mia richiesta di aiutarmi.
Questa volta la lezione che devo imparare è contrassegnata dal dolore e Lui non farà i compiti per me ma mi aiuterà a farli. Devo trovare io il sistema e devo trovarlo dentro di me. Mi conforta
sapere che in Lui troverò sempre un appoggio anche se sceglierò una strada sbagliata o mi rifiuterò di ascoltare un Suo avvertimento, una Sua raccomandazione, una Sua esortazione.
Sta lì ad attendermi, triste per me perché sa che soffrirò e potevo evitarmelo. Alla fine della “fuga” è sempre il Suo “sorriso” che incontrerò, la Sua costanza nell’amarmi e riaccogliermi come
“la figliola prodiga” ritornata all’ovile.
Tutti abbiamo la nostra possibilità nella vita, ma è indispensabile capire che questa opportunità va messa a nostro servizio e a quello degli altri per goderne assieme.
Cosa sarebbe la nostra vita se Chopin, Mozart, Einstein, Michelangelo, Pasteur, Meucci avessero dedicato la loro esistenza a tutt’altro? Se Madame Curie avesse fatto marmellate e Chaikovski
l’impiegato?
Non avremmo la voce di Maria Callas, non il coro a bocca chiusa della Butterfly. Isaac Newton e la sua Fisica non avrebbero cambiato le leggi del mondo. Oscar Wilde, povero amore, relegato solo
ad omosessuale stupratore di giovinetti, il De Profundis non sarebbe venuto al mondo e io non avrei letto una delle opere più belle della letteratura europea.
Ognuno di noi ha il suo bagaglio di talenti, inclinazioni, capacità, nessuno può permettersi di scordarli, di annullarli. Essere degli ottimi genitori se questo ci si sente di vivere o dei seri
lavoratori. Le nostre case siano progettate da ingegneri edotti, i nostri corpi visitati da medici responsabili, sia vivo l’interesse del maestro di tuo figlio, poiché non siamo un numero negli
ospedali, non una fila al supermercato.
Ecco il grande mistero della vita, il suo insegnamento. Nessuno di noi è un privilegiato, nessuno un favorito. Non ci sono né avvantaggiati né prescelti, credimi. Papà Dio non ha protetti. I suoi
figli si destreggiano secondo le loro possibilità, secondo il destino scelto prima di nascere e le conquiste evolutive conseguite vita dopo vita, con fatica, dedizione, dolore,
esperienza.
E il grande mezzo è la reincarnazione. L’unica che ci permette di scegliere, di volta in volta, l’esperienza che desideriamo vivere per comprendere e riparare i nostri errori, per riparare ai
torti inflitti, per usufruire dei meriti che ci siamo conquistati. Di vita in vita mi toccherà vivere esperienze diverse per completare la mia conoscenza e ritornare all’Origine.
La malattia dunque, mi sarà d’aiuto per amare la vita e capirne il valore. Imparerò quindi a non sprecarla. Mi insegnerà inoltre la pazienza e la sopportazione del dolore fisico. Soffrirò
l’abbandono per non infliggerlo agli altri. Vivrò la solitudine per trasformarla in gioia di comprensione altrui.
Ci sarà l’esperienza dell’omosessualità da vivere con dignità e non con esaltazione. Essa mi darà la possibilità di incarnare le caratteristiche di entrambi i sessi, tutte sfumature
ineguagliabili che hanno fatto grandi alcuni “grandi”. Forse mi toccherà vivere la derisione della gente o la sua tolleranza. Anche in questi casi, il bene e il male che ne scaturiranno, mi
renderanno forte o debole, comprensiva oppure ostile.
Vivrò la bellezza, constaterò la bruttezza e anche la deformità. Sperimenterò le condizioni dell’handicappato per conoscere il suo mondo ed essere interessata e partecipe la volta in cui ne
incontrerò. Subirò il tormento, lo sconforto, il dolore dinanzi alla morte, soprattutto delle persone a me care.
Inerte mi toccherà la disperazione per le perdite premature dinanzi a cui tutti siamo impreparati. Le riterrò incomprensibili quelle morti che mi faranno dubitare sul Padre. Poi, forse, accetterò
che siano parte del mio bagaglio evolutivo e di chi si è spento. Ed io non potrò nulla se non vivere nella comprensione ed accettazione di questa esperienza drammatica per chiunque.
Patirò la povertà senza vergogna, sarò ricca per imparare cos’è il donare e qual è il valore relativo dei beni materiali. Sarò così in grado di decidere se comportarmi da egoista o mettere anche
a disposizione degli altri la fortuna che mi è stata donata.
Dio non condanna il denaro, ma guarda l’uso che ne facciamo. Dio Padre attende chi si dedica “al dio denaro” chi per questo mostro uccide, ruba, gioca con la vita dei suoi figli, dei suoi bimbi
innocenti, dei suoi vecchi indifesi, dei suoi sofferenti. Dio non biasima il potere ma l’abuso che troppo frequentemente di esso di fa.
Certo, vista umanamente la ruota delle vite sembra solo tormento e catastrofi. Sembrerebbe infatti un dramma nascere e ancor di più vivere ma proprio il dolore di queste esperienze è maestro per
la comprensione e l’apertura delle coscienze dei suoi figli.
L’amore di Dio ci dà la possibilità di comprendere sia attraverso le situazioni negative che positive. Il libero arbitrio ci porta troppo spesso lontani dalle scelte adatte al cammino stabilito e
quindi solo attraverso le batoste peggiori siamo riportati sulla retta via e non sempre.
Se capissimo invece che più ci appoggiamo alla Sua Verità e al Suo mondo, meno soffriremo, tutto sarebbe più facile, più comprensibile, chiaro. I Suoi doni, i Suoi Mezzi, coloro che con amore e
per amore Egli mette a nostra disposizione, ci apparirebbero come Luce. Il Cristo, Maria Vergine, Anime sante come Padre Pio, Madre Teresa, Papa Giovanni Paolo II, i Santi, i Grandi Maestri, i
dotti della Scienza, i pacifisti della politica mondiale, i medium insindacabili, i puri e gli umili sarebbero la nostra via, la nostra salvezza.
Non ultimi, non meno importanti i “volontari” del bene. Tutti coloro che si adoperano in Sua funzione anche inconsapevolmente. Di ogni razza, colore, ceto sociale, età, possibilità economica. Con
ogni carica ed ogni titolo. Coloro che sono capaci di onestà, lealtà, altruismo, integrità, dedizione, impegno, coraggio.
Ed io? Qual è la mia possibilità per aiutare gli altri? Quale strumento possiedo che possa farmi uscire sana da questo utile sconforto che mi opprime? Qual’ è il mio talento da mettere a
disposizione degli altri? Se non sono riuscita a comprenderlo fino ad ora, come potrò scoprirlo?
Il mio dolore quindi deve diventare insegnamento, per scoprirmi. Deve nutrirsi di meditazione, riflessione, riposo, studio approfondito dell’ esperienza per capire ed accettare. Gli devo lasciare
spazio, capacità di esistere. Devo farlo urlare non maledirlo, per non soccombere, per non diventare dura, cattiva, egoista, morirei per sempre o sarei un’esule della vita. Devo cercare dentro di
me, devo trovare quello in cui credo, individuare le mie possibilità, comprendere che l’avversità è dono di conoscenza.
Il mio Papà Dio mi ha dato questa possibilità oggi, adesso. Voglio approfittarne? Domani il mare sarà ancora azzurro, la vita continuerà a scorrere anche se per il momento credo di non viverla.
Invece la vivo, eccome, dentro di me interiorizzo il tutto.
Un giorno, quando deciderai tu, quando lo riterrai opportuno, quando sarai pronto, goditi la bellezza di fermarti, interrogarti su tante cose, alcune delle quali per troppo tempo nascoste anche a
te stesso. Per capire, rivolgiti alla parte più intima di te e dalle l’occasione di vivere.
Porgi a questa “illustre sconosciuta” le domande giuste, accetta le risposte che ne verranno. Quanto potrebbe essere entusiasmante questo lavoro. Metti fuori, il buono, il vero, il sano di te.
Via quindi il carattere violento, eccessivo, spropositato. Via alle idee bislacche sul vivere e sulla gente.
Basta ai desideri non realizzati e alle voglie nascoste. Fine del dominio sugli altri, dell’egoismo, del disinteresse per la vita degli altri. Stop alle lacrime non versate. Regalati finalmente
la possibilità di soffrire e non nascondere più il tormento, il dolore, dietro sorrisi sterili che non portano a nulla. E parla, parla di te, annuncia chi sei, cosa vuoi, dove vuoi e puoi
arrivare, perché sei al mondo, perché sei figlio Mio nel mondo.
Dai gioia a chi amerai, stringi quell’essere al tuo cuore ed amalo con tutto te stesso. Rilassati, il mondo può fare a meno di te, sei tu che non puoi fare a meno di esso. Riposati per un attimo,
vivi la tua sosta, goditela per quello che può darti, per quanto può esserti utile.
Ricordi la mia battuta di mollare il tuo lavoro solo per un pomeriggio, di ingannare i capi, inventandoti un impegno improvviso? Ridevo mentre te lo dicevo perché sei proprio tu uno dei capi. Ti
sembravo sciocca in quel momento, proporti, nientedimeno, di abbandonare il lavoro per un pomeriggio. Inammissibile per te.
Cercavo di capire quanto il successo ottenuto ti desse la libertà di essere, di decidere per te da uomo libero. Ridesti serafico e il mio invito a guardarti intorno, ad ammirare la natura in
tutto il suo splendore, non ti sfiorò neppure. Volevo mostrarti la grandezza del Creato, il suo mistero. Speravo ne ammirassi i colori, gli odori. La bellezza del mare, il suo profumo intenso, lo
scintillio delle onde che si infrangono sugli scogli. Volevo, per un pomeriggio, non pensarti all’interno del tuo ufficio freddo ed anonimo ma immaginarti sdraiato al sole a sognare.
Le sfumature delle nostre montagne sembrano pitture. Le hai mai notate tutte le volte che per raggiungere la sede di lavoro, hai dovuto percorrere chilometri e chilometri correndo perché la tua
vita è solo un susseguirsi di doveri? Volevo che attraverso la natura scoprissi i tuoi veri desideri, non quelli dell’automa dedito al potere che hai costruito. Desideravo sentire parlare la tua
anima.
Adesso sono rimasta sola e devo cominciare questo lungo e difficile dibattito tra la mia anima che ti cerca ancora e il mio Io che vuol venire fuori. Lo faccio uscire, gli do questa possibilità,
ho deciso per te e per me. Alla fine sentirò ancora il tepore e non più il freddo della vita.
Ricomincerò a sorridere e le lacrime avranno un altro sapore, perché avrò ancora la fortuna di saper piangere ma di gioia. Quella dolce sensazione provata troppe poche volte ormai, una dote di
pochi che io voglio riconquistare.
Alterno la mia vita disbrigandomi tra consapevolezza, coscienza, sbagli, abbagli, inganni, equivoci, passi falsi, correzioni, amore, odio, rancore, rabbia, gelosia, altruismo, vendetta,
bontà.
Devo coinvolgere tutti i sentimenti, mi è indispensabile oltre che utile. Voglio concedermi il lusso di pensare, imparare, cambiare, chiedermi?