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Quali sentimenti combattono tra loro nel cuore di chi è costretto ad emigrare dalla propria Terra per fame? Molti, moltissimi.
Il senso di perdita, di lacerazione, di abbandono, di rassegnazione, di fatica disperata, sentimenti scritti nelle rughe profonde dei volti, nelle pieghe amare della bocca, nella curva affaticata delle spalle, nello sguardo senza luce di chi non ha trovato il paese dei sogni o, pur trovando una terra migliore per vivere, non riesce a superare il senso di lontananza, di sradicamento, di ingiustizia, di rabbia. Segni visibili, così espressivi e densi di parole ed emozioni non dette, eppur fissate per sempre nei loro volti.
Segni più forti in molti volti di donna, spesso casalinga, con orizzonti ancora più limitati, mentre gli uomini, per la necessità del lavoro fuori casa, potevano a volte trovare più opportunità di integrazione. La ferita sul bisogno di appartenenza e di attaccamento, fortissimo tra gli umani, è alla base della creazione di isole di connazionali, intessute nelle città di arrivo, per ricreare gli odori, i profumi, i sapori, le voci, i suoni, le cadenze, i canti, le musiche e i piccoli orizzonti quotidiani della propria terra perduta.
Nostalgia, il dolore del ritorno, sognato e spesso mai più realizzato, è il sentimento dominante. Un sentimento che nutre il rimpianto, e il bisogno di sentire ancora le parole, le voci, l’idioma di casa. E’ una nostalgia che cerca un abbraccio dove la lingua materna è musica per il cuore, come una carezza.
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Alla mia terra.
Video clip che parla della nostalgia delle persone che come me hanno lasciato la propria terra e un pezzo del loro cuore.