da: dailystorm.it
Raffinato scultore italiano, Emilio Greco nasce a Catania nel 1913 e muore a Roma nel 1995. Fu definito da Picasso il più grande disegnatore del Novecento in Europa e fu senz’altro uno dei più abili scultori: egli riesceiva infatti con pochi tratti a rendere forma il materiale che usa per le proprie creazioni. Greco va inserito tra i grandi nomi della scultura italiana novecentesca, come Giacomo Manzù e Marino Marini, di tradizione martiniana, intesa come rifiuto della monumentalità ma ricerca intorno alla statuaria, come argomenta l’esperta Antonella Greco, figlia dell’artista.
I suoi soggetti prediletti sono il corpo e le espressioni femminili, ma pur inscenando i moti più tormentati dell’essere interiore li ferma in un istante di pacata armonia: la torsione del busto non trasuda sforzo umano, diventa al contrario manifestazione naturale, come il fusto di un albero che si contorce verso l’alto, ricercando la luce. La plasticità delle sue statue è un atletismo effimero, fine a se stesso, che non rende certo l’ideale apollineo del bello classico, né l’urlo istintuale dionisiaco, bensì aspira a ritornare alla semplicità dell’archetipo.
Nella serie delle Bagnanti, viene da pensare ai quadri omonimi di Cezanne, con i nudi femminili spigolosi e sgraziati. Greco, tuttavia, sembra pervadere le sue sculture di una grazia atipica e singolare. Inoltre, lascia volutamente lontana la distorsione (estraniante) cubista operata da Picasso nelle Damoiselles d’Avignon, mentre più vicina appare la ricerca della purezza somatica alla Modigliani, con evidenti riferimenti alle maschere africane.
La figura femminile è quindi centrale nell’opera di Greco, che ne è sin da adolescente segnato in maniera indelebile: appare agli occhi curiosi e innocenti come “la scoperta stessa della vita e delle sue improbabili promesse”. Un episodio che ricorda nella sua biografia è l’incontro con la moglie di un burattinaio a Catania che, seduta sul ballatoio con le mani in grembo e le labbra accennanti un lieve sorriso, cattura l’artista col suo sguardo tenero e bonario. Suggestive sono le porte del Duomo di Orvieto, recanti come soggetto le opere di misericordia. Anche qui torna l’idillio elegiaco della figura femminile, scandito in un ritmo armoniosamente concertato, in cui i corpi si intrecciano e si richiamano l’uno con l’altro.
Quest’opera è stata oggetto di un’aspra polemica, scatenata forse dalla soave sensualità di alcune figure. Nonostante ciò vi furono importanti riconoscimenti, così si espresse il direttore della Tate Gallery di Londra, John Rothenstein: «A mio giudizio le porte del duomo di Orvieto hanno dato a Greco l’opportunità di esprimere compiutamente tutto il suo talento». Tra le opere più famose dello scultore ricordiamo le scultore per il parco dedicato a Carlo Collodi: 5 metri di statua spiccano come fulcro del parco, con Pinocchio e la Fata Turchina che troneggiano in un incastro elicoidale.
Un bassorilievo delicato ed elegantemente sobrio è il Paliotto con la Dormitio Virginis per il Duomo di Prato, le figure femminili tutte apprestate a soccorrere la Vergine, sono tracciate in poche linee e appaiono fortemente profilate lungo l’asse orizzontale, paratattiche ed esemplari, mostrano il volto di scorcio o i suoi tre quarti in un’essenzialità che ricorda la silhouette egizia. Eppure non c’è decorativismo né compiacimento sfarzoso, tutto lascia il posto ad una pulizia minimalista del dettaglio. In questa purezza compositiva spiccano le pieghe dei panneggi, che vestono la figura stesa della madonna e le donne a lei più vicine, accennate in un gioco di linee concave e convesse ove il panno si fonde/confonde con la pelle facendo apparire uno dei corpi come un bozzolo di farfalla.
Opera di importante commissione, a cui si dedica dal 1965 al 1967, è il monumento a papa Giovanni XXIII in Vaticano, con i suoi 8 metri di altezza per 1,80 di larghezza. Il papa domina la composizione, grazie all’imponenza della massa conica formata dalla veste, simbolicamente accentuata come lo era il manto nell’icona della Madonna della Misericordia. In rilievo la Mitra, la cui forma viene accentuata e ripetuta dalla folla dei cappelli vescovili, che si sovrappongono dietro alla figura papale, e ripresa nelle ali, quasi da libellula, degli angeli “piombanti” diagonalmente dal cielo verso il vescovo di Roma.
Per finire non si possono non menzionare i Commiati, una serie di incisioni dell’artista, ove l’incontro tra uomo e donna diviene poesia, lirismo, sessualità, carnalità, enfasi, equilibrio di sospiri. Come la superficie delle sue sculture appare raschiata come ad appurare ogni ritorsione e sfumatura dei fili di luce sulla materia. Anche nel disegno il chiaroscuro è reso grazie un reticolo di linee che si vivificano vicendevolmente, riuscendo a catturare in questo modo l’energia sospesa e la bellezza fugace dell’anelito d’amore.