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Catania è uno dei principali centri nazionali di sperimentazione teatrale. Famosissima fu la compagnia di Angelo Musco, al suo tempo uno dei maggiori e più apprezzati comici teatrali, assieme alla sua compagna d'arte Rosina Anselmi. Nello stesso periodo acquistarono notorietà e favore della critica l'attore tragico Giovanni Grasso senior e l'attrice Virginia Balistrieri.
Nel secondo dopoguerra Turi Ferro, caposcuola di una nuova generazione di attori, e Umberto Spadaro furono i principali animatori dell'esperienza del Teatro Stabile di Catania, diventato uno dei più importanti del Paese. Assieme a loro hanno avuto lustro attori comeTuri Pandolfini, Michele Abbruzzo, Tuccio Musumeci, Saro Urzì e Pippo Pattavina.
Oggi il Teatro Stabile è anche una fucina di giovani attori con la sua scuola di formazione Umberto Spadaro. Oltre al noto Metropolitan, Catania pullula di Teatri come il Verga, il Musco, il Brancati, l'ABC, il Teatro Club, il Piccolo Teatro, il Nuovo Teatro, il Teatro della Città, il Piscator, il Teatro degli Specchi, il Teatro delle Arti e il Gatto Blu, che contribuiscono alla diffusione della passione del Teatro e alla ricerca e sperimentazione di nuove forme espressive.
TEATRO STABILE
Ricavata da un vecchio garage di via Umberto, la sala Musco tenne a battesimo il teatro stabile catanese il 3 dicembre 1958. Si rappresentò Malìa di Capuana. La sala conteneva 240 spettatori; gli abbonati erano 75: nella stagione 1996/97 sono stati ben 15.924!
Fu un gruppo di appassionati, attori e uomini di cultura, a dare vita a questa istituzione che avrebbe raggiunto prestigio mondiale: Tanino Musumeci (allora presidente
dell'EPT), Pietro Platania, Turi Ferro, Mario Giusti, Piero Corigliano, Umberto Spadaro, Michele Abbruzzo. Nacque così l'ente
Teatro di Sicilia, che poi, nel 1965, ottenne il riconoscimento di Teatro stabile, il primo a sud di Roma. Nel consiglio di amministrazione figurano anche il Comune, la Provincia e
la Camera di commercio.
Lo Stabile di Catania si è collegato alla grande tradizione teatrale siciliana, impostando un'opera di rivalutazione e di rinnovamento. Attorno a Turi
Ferro, caposcuola di una nuova generazione, un nucleo di attori, decisamente eccezionale per la sua compattezza, ha fatto da base a una attività che si è poi diversificata nelle sue
espressioni, restando sempre fedele, però, a quel carattere di teatro mediterraneo che dello Stabile costituisce un'impronta e un carattere.
La personalità delle vecchie glorie (Rosina Anselmi, i fratelli Colombo, Virginia Balistrieri, Turi
Pandolfini, eccetera) ha trovato piena continuità in questi 40 anni con attori come Ferro e
Spadaro, Ida Carrara, Tuccio Musumeci, Fioretta Mari, Franca Manetti, Maria Tolu, Fernanda Lelio, Giuseppe Lo Presti, Mario Lodolini,
oltre alla musicista Dora Musumeci.
Intessendo uno stretto rapporto teatro-narrativa, lo Stabile ha portato in scena autori che, partendo dai capisaldi della letteratura siciliana (Pirandello, Verga, Capuana, Rosso di San Secondo, Brancati, Martoglio, De Roberto), trovano espressioni attualissime in Sciascia, Bufalino,Consolo, Dacia Maraini, Patti, Fava, Buttitta, Simili, Bacchelli, Berto, Fabbri.
Per quel che riguarda attori e registi, si può dire che tutto il mondo del teatro italiano é passato per le scene allo Stabile catanese. La mole dell'attività trova testimonianza in queste cifre, riferite agli spettacoli di produzione propria: lavori di autori italiani 204; testi stranieri 41; recite effettuate 8.762 per un totale di 4.790.079 spettatori; tournées nazionali in 250 città; tournées all'estero in USA, Canada, Brasile, Uruguay, Argentina, Austria, Inghilterra, Australia, Paesi dell'ex URSS e dell'ex Jugoslavia, Romania, Belgio, Olanda, Svizzera e Francia. Lavori come Il giorno della civetta, I viceré, Il berretto a sonagli hanno toccato un numero-record di repliche. Lo Stabile ha ricevuto riconoscimenti e premi di ogni genere in Italia e all'estero e, nel 1970, gli venne assegnato a Londra il Premio Observer per il Liolà presentato al teatro e giudicato il miglior lavoro di una rassegna mondiale della prosa organizzata dalla Shakespeare Company. Un altro momento di grande significato, il debutto al teatro Mali di Mosca, che avvenne a mezzogiorno. E furono le popolane moscovite, che si presentarono in teatro con la borsa della spesa, a decretare uno dei tanti trionfi alla compagnia catanese.
Lo Stabile è un teatro impegnato e allo stesso tempo popolare, grazie anche ad una politica di prezzi bassi che ha l'intento di avvicinare alla prosa proprio quel pubblico che troppo spesso ne è
rimasto ai margini.
Il teatro ha anche dato vita alla Scuola d'Arte drammatica Umberto Spadaro, ove si tengono corsi triennali gratuiti per ragazzi e ragazze fra i
18 e i 25 anni.
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ANGELO MUSCO
Nacque a Catania nel 1871. Quattordicesimo figlio di un bottegaio, fu costretto a lavorare in giovanissima età. Fece, male ed insofferente, il barbiere, il calzolaio e il muratore. Manifestava già le attitudini istrioniche cantando canzonette per le strade della città. A 12 anni compì la sua prima esperienza di attore in una compagnia napoletana, tutta di siciliani, che fallì poco dopo.
Nel 1899 entrò nella compagnia di Giovanni Grasso senior, attore tragico di straordinaria efficacia. Alla fine dello spettacolo egli parodiava la tragedia interpretata da Grasso e con due piroette e pochi lazzi asciugava le lacrime, secondo le antiche tradizioni delle Atellane e dei Mimi. Riuscì a conquistare il pubblico, che immancabilmente gli gridava dal loggione: Angilu! 'A musca. Era una canzoncina che eseguiva più che con la voce, con smorfie e gioco di gambe, sfruttando l'assonanza del titolo e del contenuto della stessa con il suo cognome.
Nacque progressivamente, però, una rivalità professionale tra i due attori, anche se non intaccò i rapporti personali. Musco si staccò da Grasso e passò alla compagnia di Marinella Bragaglia. Nel 1914, finalmente capocomico, presentò a Napoli la Comica compagnia siciliana del Cav. Angelo Musco.
Facevano parte della compagnia le due sorelle Anselmi, una delle quali, Rosina, divenne la sua fedelissima compagna d'arte. Per circa un anno furono tempi bui e
Musco ed i suoi attori dovettero arrangiarsi per sopravvivere. Nell'aprile del 1915 decisero di giocare l'ultima carta ai Filodrammatici di Milano, dando
Paraninfu di Capuana. L'indomani, il noto critico Simoni, fornendo forse la più efficace descrizione di Musco, scriveva sul
Corriere della Sera: Egli è un comico irresistibile... E' un comico tutto istinto, dagli occhi accesi, dalla faccia bruciata, bizzarro, indiavolato,
colorito come una maschera del tempo fecondo.
Due anni dopo, sull'Illustrazione italiana, ancora un lusinghiero ritratto dello stesso Simoni, che rileva la raggiunta notorietà dell'attore nella città di Milano. Fra il 1915 e il 1917 cominciò, infatti, la sua fortuna e divenne un attore popolarissimo, molto apprezzato dalla critica al punto che i maggiori scrittori siciliani, come Pirandello, Capuana e Martoglio, scrissero per lui. La commedia è la stoffa e l'attore è il sarto, che la taglia, la trasforma, la ricompone: questa era la teoria dell'intrepretazione teatrale di Musco.
Egli aveva un grande talento di osservatore dell'umanità, spontaneità e gioa di vivere, che riversava sul suo lavoro di attore, spingendosi a trasformare il testo dell'autore, intrecciando ad esso battute originali ed estemporanee. Tra i suoi grandi successi il San Giovanni decollato e l'Aria del continente di Martoglio, La Patente, Pensaci Giacomino, Il berretto a sonagli, Liolà di Pirandello, Cavaliere Pedagna di Capuana.
Per il cinema interpretò undici films, tra i quali L'eredità dello zio buon'anima, L'aria del continente, Lo smemorato, Gatta ci
cova.
Musco morì improvvisamente a Milano il 6 ottobre 1937. Quando la sua salma venne restituita a Catania, il 14 ottobre, ad attenderla alla stazione vi era una sterminata folla, presenti tutte le
autorità.
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GIOVANNI GRASSO
Nato a Catania nel 1873 e morto nel 1930, è il più grande attore tragico del teatro siciliano; si può anzi dire che il teatro dialettale siciliano nacque con lui. Cominciò a lavorare col padre, un puparo a quei tempi famoso, don Angelo, rimasto ancor oggi celebre per l'esagerata grandiosità che imprimeva alle azioni dei suoi paladini, al punto che il pubblico spesso lo beccava: Grossa, don Angelo!. Giovanni dava la voce ai pupi, anzi, come si dice in gergo, parlava i pupi. Rigido dietro le quinte, seguiva con la voce il movimento di Orlando, Gano, Carlo Magno; poi divenne lui stesso puparo; alla fine fu attore.
Scoperto da Martoglio, esordì nella Zolfara di Giusti-Sinopoli; raccolse successi grandiosi nel Berretto a sonagli di Pirandello, nella Morte civile di Giacometti, in Pietra su pietra di Sudermann, nella Figlia di Jorio di D'Annunzio, tradotta in siciliano da Borgese. Ma riuscì grande soprattutto nella Cavalleria rusticana, che fu - come scrisse il filosofo Vito Fazio Allmayer - il capostipite di tutto il teatro di Grasso: un compar Alfio impetuoso, violento, prodigiosamente drammatico, gesticolante, col basilico all'orecchio e i pantaloni scampanati.
Grasso era un uomo alto, robusto, con baffetti radi e sopracciglia aspre, il volto butterato, il cappello sulla ventitré. Quanti aggettivi gli hanno appiccicato? Primitivo, irrequieto, scomposto, passionale, vivace, tenero, delicato: tutto andava bene, compresi - e anzi in prima linea - i contrasti fra un termine e l'altro.
Per Grasso-attore l'unica legge era quella del suo cuore, la legge dell'istinto. Gli affetti più dolci, più spontanei, diventano il centro del nuovo teatro, il teatro che gli autori creavano apposta per lui; la venerazione della madre, l'amore alla propria donna, il rispetto all'amicizia sono i punti fondamentali sui quali ruotano i drammi che egli presentava al mondo. Sono affetti che non hanno confine: la madre è tutto, la propria donna è tutto, l'amico è tutto; chi tradisce una di queste tre regole fondamentali, che sono la legge dell'amore, è degno di essere punito, ed è punito non perchè la logica vuole così, ma perchè così comanda l'istinto, il cuore; è punito non per l'odio che suscita il traditore, ma per l'amore che ispira il tradito, non per vendetta della colpa, ma per l'annullamento della colpa.
Tentò il cinema (a quei tempi c'era solo il muto), ma senza grandi meriti, sicchè nessuno lo rammenta più. E la ragione c'è: gli spezzettamenti delle riprese cinematografiche gli troncavano la
forza e gli smorzavano la passione.
Giuseppe Villaroel descrisse così i suoi ultimi patetici anni: Grave e fiacco, trascinava le sue giornate seduto in uno dei più popolari caffè del suburbio, tra gente amara e raccogliticcia, tutto torbido e nuvoloso. Assorto nel suo squallido silenzio, aveva lo sguardo sbandato e malinconico dei tori trainati al macello.
Nel 1956 Francesco De Felice, studioso di storia del teatro e autore drammatico, apportò una rettifica alla data di nascita del Grasso: Nacque a Catania il 19 dicembre 1873. Errano il Dizionario
dei siciliani illustri e l'Enciclopedia italiana, che lo fanno nascere ad Acicatena il 12 dicembre 1875. A documentazione, riportava il testo dell'atto di nascita.
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ROSINA ANSELMI
Attrice (Catania 26 luglio 1880 - 23 maggio 1965). Iniziò la carriera teatrale, giovanissima, nella compagnia diretta da suo padre Alessandro e in cui lavoravano la madre Francesca Quintavalle e sei fratelli. Recitava a braccio, assieme ai suoi, nelle farseche che si davano nel teatrino di Gregorio Grasso, dopo la rappresentazione delle marionette. Lavorò ancora, con Angelo Musco, nel famoso San Carlino di Catania, dove affiorò la sua arte.
Straordinarie le sue caratteristiche: la figura, la faccia, l'aggressività e l'umorismo (Eligio Possenti); brutta nel volto legnoso, dal naso rincagnato, la bocca larga (idem); viso popolano squadrato, diffidente e scontroso, pettegolo e litigioso (Patanè). Sempre in quegli anni (intorno al 1905) fu nella compagnia di Nino Martoglio e successivamente (1908 - 1910) in quella di Mimì Aguglia.
Nel 1914 fu chiamata da Musco, la cui compagnia attraversò una serie di sventure e un'epoca di straziante fame. Ma, già in questo malinconico interludio, la sua grande capacità di spalla di Musco splendeva nelle commedie di Martoglio, Russo Giusti, Savarino, Marchese.
Fu una lunghissima e felice stagione, che si protrasse fino al 1937, anno della morte di Musco, e che non si ripetè neanche quando unì il proprio nome a quelli di Michele Abbruzzo, Giovanni Grasso jr., Turi Pandolfini, coi quali lavorò anche quando aveva superato gli ottant'anni.
Con Musco interpretò alcuni film fra cui: L'eredità dello zio buonanima (1934), Paraninfo (1934), L'aria del continente (1935), Re di denari (1936), Il feroce Saladino (1937), Gatta ci cova (1937); con Abbruzzo, L'ha fatto una signora (1938); con Eduardo De Filippo, Il Marchese di Ruvolito(1939).
Scrisse, sul mensile La lettura (novembre 1937), un lungo articolo di ricordi, Trent'anni con Musco.
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UMBERTO SPADARO
Anche se nasce ad Ancona nel 1904, è di famiglia catanese e figlio d'arte, come molti personaggi del teatro siciliano. I genitori, Rocco e Rosalia Spadaro, recitavano con Giovanni Grasso senior; della compagnia faceva parte anche Angelo Musco, che una sera - Umberto aveva appena sei giorni di vita e si trovava nel camerino del padre - preferì portarsi in scena un bambino vero anziché il solito fantoccio fino ad allora utilizzato per quella parte. Il pargolo, fra le braccia di Musco, frignò; e il pubblico stupito applaudì. Così, ma è un modo di dire, cominciò la carriera di Umberto: fra le braccia di Musco, letteralmente. Cresciuto insieme con Turi Ferro, egli fu uno dei promotori dello Stabile di Catania, con il quale partecipò a tante tournée all'estero.
Moltissimi anche i films nei quali potè lavorare: da Caravaggio a Il brigante Musolino (per il quale fu premiato nel '50 con il Nastro d'argento). Ma pur recitando in centinaia di films, il teatro restò la sua vera casa e gli autori siciliani restarono il suo riferimento. Risiedette parecchio tempo a Roma, ma rimase - egli stesso lo ripeteva - catanese nel sangue. Dopo la sua morte, il Teatro Stabile di Catania ha intitolato la scuola di recitazione Umberto Spadaro, in suo onore.
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